“L’amore fragile” è il terzo romanzo della cilena Carla Guelfenbein (nome difficilissimo da ricordare e pronunciare) che – dopo il successo dei primi due ( “Il resto è silenzio” e “La donna della mia vita”) è considerata l’erede artistica di Isabel Allende e Marcela Serrano. Le capacità ci sono: da quella di inventare storie avvincenti con amori complicati, al dono di una scrittura ricca e nello stesso tempo essenziale. Sullo sfondo la Storia, con il colpo di stato di Pinochet che metterà fine ai sogni di Allende e che per il suo paese è ancora una ferita aperta. Ma anche gli Stati Uniti, New York e la data dell’11 settembre. Perchè quando cadono le torri gemelle la protagonista ricorda un altro 11 settembre, quello del 1973, quando il colpo di stato di Pinochet sconvolse l’intero Cile. E Così Sophia che aveva interrotto i rapporti con suo padre e la sua migliore amica, appena più grande di lei, dopo aver scoperto del loro amore, rincorre il suo passato e va alla ricerca di Diego e Morgana, vittime del regime. Il romanzo, grazie anche ai continui salti dal passato al presente, è avvincente e i personaggi lasciano il segno a cominciare dalle due ragazze così diverse: Sophie, fragile figlia di Diego, donnaiolo impenitente e impegnato politicamente a fianco di Allende e la sua amica Morgana, che innamorandosi di Diego spezzerà per sempre il legame che le univa. I sentimenti e le tragedie che ne scaturiscono si mescolano alla tragica realtà che vive in quegli anni il Cile, anche se in questo- va detto- la Guelfenbein è decisamente meno efficace della Allende dei primi fortuinati romanzi