Eleanor si presenta da sola nella prima pagina del romanzo. E subito capiamo il suo problema: la solitudine. Ha 30 anni, da dieci fa la contabile in un ufficio di graphic design. Un lavoro insignificante, come la sua vita. Eppure è laureata. I suoi rapporti con il prossimo sono un disastro. Ma ha una madre che la chiama al telefono ogni mercoledì, per dirle che è cattiva e che non ha mai fatto nulla di buono e che deve trovare un fidanzato. Poi Eleanor ci dice che ha sempre vissuto in famiglie affidatarie, qualcuna buona, qualcuna l’ha rifiutata. Tutti la rifiutano. Non ha amici, il weekend sta in casa a bere litri di vodka, dal venerdì sera alla domenica sera. Ma non è una dipsomane, ci tiene a dire furbescamente. Il resto dei giorni in ufficio è sobria. Poi capiamo che i problemi sono più di uno: Eleanor si fa dei film. Dopo aver visto in una locandina il frontman di un gruppo heavy rock, pensa che sia arrivato per lei il momento della svolta: ha trovato l’uomo della sua vita che l’amerà per sempre e la mamma sarà contenta finalmente. E qui iniziamo a traballare. Cosa c’entra un rockettaro tatuato e sfigato di un gruppo di serie B con lei, che oltre a camicia bianca (ne ha 4 nell’armadio), pantaloni neri (4 paia) e scarpe nere, piatte, con il velcro, imbarazzanti ma tanto comode, non ha mai indossato altro? Lei che a malapena sa usare il computer in ufficio, compra un portatile per seguire il suo principe azzurro su Twitter e dà fondo ai risparmi in parrucchiere, trucco, vestiti per incontrarlo al prossimo concerto. Eleanor ci è o ci fa?
La mano dell’autrice è sapiente e inesorabile. Ci fa percorrere tutto il tragitto della presa di coscienza della protagonista, fino al disvelamento finale, dove c’è posto anche per il noir, che non guasta mai. Eleanor è una di noi, una come tante segnate dalla vita, quando ci parla attraverso i suoi pensieri, è lucida, razionale e persino ironica. Mentre Eleanor vista da fuori, quella che interagisce con il mondo, che risponde all’altro da lei, senza freni, senza filtri al limite della sgarberia e maleducazione, è una fobica paranoica. Sembra impossibile, ci viene da tirarle la giacca quando si sbronza e fa cose terribili, quando si invaghisce di un uomo di carta, quando non sa cos’è un mascara, quando si stupisce delle scarpe con il tacco. Anche qui però c’è qualcosa di noi, ed è più doloroso ammetterlo. Quindi soffriamo con lei e per lei.
Questo non è solo un romanzo di formazione, è l’apripista del genere up lit, definizione appena coniata. Sta per up lifting, letteratura edificante. Funziona così: la protagonista ha un problema psicologico o psichiatrico da superare e con lei il lettore. Alla fine del percorso e della lettura stiamo tutti bene, noi ed Eleanor. E non si chiama più “lieto fine”.
Autore | Gail Honeyman |
Titolo | Eleanor Oliphant sta benissimo |
Editore | Garzanti |
Pagine | 352 |
Prezzo | 17,90 € |