Marina Bellezza

Marina Bellezza Silvia Avallone

Paola Blandi
3 Novembre 2013

L'imperfezione della vita è il cuore della vita stessa

Non ho letto Acciaio di Silvia Avallone e so poco di lei, tranne che è molto giovane (1984) . Mi è piaciuto il personaggio di Marina Bellezza, una ragazza che canta da dio e che in più è bellissima, sexy, furba, una che crede in se stessa, ma che ha un groviglio di pensieri nella testa e una famiglia irrisolta. E’ nata in una paesino sperduto di montagna e sogna il successo, quello della tv, di “Amici” di “Xfactor”. Vuole diventare famosa per dimostrare ai suoi genitori-bambini e sballati che lei vale, che si merita il loro amore. Ce la fa, o almeno sembra avviata molto bene  e soldi, successo, fama, lusso sono proprio lì, a portata di mano pronti da afferrare perchè lei- ne è convinta- se li merita.  ma avrà molti sbandamenti lungo la strada (ah, l’amore, eterna trappola!)

L’altro personaggio (che la ama perdutamente fin da quando la vedeva bambina fare la diva nella casa accanto) è Andrea e lui mi è piaciuto di meno, anche se apprezzo quel che attraverso di lui l’Autrice ci voleva raccontare. E’ un figlio di papà infelice, pieno di complessi e anche lui, come tutti cerca la sua strada lontano da casa. Crede di averla trovata diventando pastore come suo nonno, in una malga sperduta, in completa solitudine a parte un cane e una dozzina di mucche che impara da solo ad accudire e da cui ricava il maccagno, antico formaggio delle valli che poi vende. Un ritorno alle origini, alla natura, alla semplicità, proprio come  sta tornando di moda tra i trentenni, che non credono più nelle cose in cui credevano i loro genitori, che non vogliono i soldi, il successo, la fama, ma semplicemente stare bene, in pace con se stessi. Li raffigurano bene questi due modelli di giovani d’oggi, che Silvia Avallone illustra molto chiaramente, quasi pedantemente , tanto che a volte il romanzo si veste da trattato di sociologia. Ecco, ogni tanto per illustrare la sua teoria, la Avallone lascia un po’ indietro la storia , oppure la insegue faticosamente (come nella parte finale). Non dico che non sia scritto bene, che abbia avuto voglia di leggerlo fino alla fine, ma l’impressione complessiva è di “freddezza” A volte sembra più un esercizio di stile che un romanzo, lei si affanna tutto il tempo a farci vedere quanto è brava a scrivere a trovare gli aggettivi giusti, a comporre frasi a effetto… per darvi un’idea vi cito questa: “perchè l’imperfezione della vita è il cuore della vita stessa e scava e lavora implacabile dall’interno, si frappone tra noi e la nostra volontà, divora come il torrente”.

E’ chiaro cosa intendo per freddo?

 


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