Ricordate lo splendido romanzo di Stephen King, “Misery non deve morire” in cui la donna obbliga lo scrittore a bruciare il suo manoscritto e a scrivere il libro che vuole lei?
Delphine de Vigan ammette di essersi ispirata (e molto, mi permetto di aggiungere) al libro di Stephen King anche se precisa di avere voluto soprattutto riflettere sul senso della contrapposizione “vero-falso” in letteratura. E il dubbio lo instilla già dal titolo. “D’après une histoire vraie”, tradotto letteralmente infatti significa “Basato su una storia vera”.
Delphine de Vigan, oltre a “Gli effetti secondari dei sogni” ha ottenuto un grande successo soprattutto in Francia con due romanzi decisamente autobiografici. Il suo esordio, Giorni senza fame, del 2001, raccontava la sua battaglia e la guarigione dall’anoressia. Dieci anni dopo con Niente si oppone alla notte, ha raccontato la vita e il suicidio di sua madre. Questi due temi entrano alla grande nel passato della voce narrante (che si chiama -guarda caso- Delphine). Legittimo dunque pensare che le vicende della donna insicura e spaventata dalle grandi aspettative che tutti hanno sul suo nuovo romanzo siano reali. La storia è centrata sul rapporto con la misteriosa L. (anche il fatto di scriverne solo l’iniziale porta il lettore a pensare che esista veramente) che entra nella vita di Delphine come amica per impossessarsi letteralmente della sua vita e trasformarla in un incubo. Ed è qui che l’Autrice si diverte a giocare tra realtà e finzione, sparigliando le carte fino alla fine della storia, quando la verità emerge. Ma sarà davvero quella, la verità?
Delphine de Vigan, oltre a “Gli effetti secondari dei sogni” ha ottenuto un grande successo soprattutto in Francia con due romanzi decisamente autobiografici. Il suo esordio, Giorni senza fame, del 2001, raccontava la sua battaglia e la guarigione dall’anoressia. Dieci anni dopo con Niente si oppone alla notte, ha raccontato la vita e il suicidio di sua madre. Questi due temi entrano alla grande nel passato della voce narrante (che si chiama -guarda caso- Delphine). Legittimo dunque pensare che le vicende della donna insicura e spaventata dalle grandi aspettative che tutti hanno sul suo nuovo romanzo siano reali. La storia è centrata sul rapporto con la misteriosa L. (anche il fatto di scriverne solo l’iniziale porta il lettore a pensare che esista veramente) che entra nella vita di Delphine come amica per impossessarsi letteralmente della sua vita e trasformarla in un incubo. Ed è qui che l’Autrice si diverte a giocare tra realtà e finzione, sparigliando le carte fino alla fine della storia, quando la verità emerge. Ma sarà davvero quella, la verità?
In un’intervista Delphine de Vigan ha dichiarato:
Ho scritto il libro pensando che ci sarebbero state più interpretazioni, si può immaginare che Delphine e L. siano due personaggi completamente distanti, a un certo punto invece sono un po’ lo stesso, ma non voglio dare chiavi di lettura, la risposta è nel libro e ognuno trova la sua.
Piacevole da leggere, si va avanti fino alla fine per vedere come finisce. Manca però la tensione vera del thriller (lontano anni luce da Misery non deve morire…) e abbondano invece le pedanti disquisizioni sulla necessità o meno della verità in letteratura.
Autore | Delphine de Vigan |
Titolo | Da una storia vera |
Editore | Mondadori |
Pagine | 302 |
Prezzo | €19 |